Prime prove di skin in ortofrutta

Inedito nel settore, unisce il sottovuoto all'Atm. Riscontri positivi dalle prove di assaggio

Prime prove di skin in ortofrutta
Qualche giorno fa abbiamo trovato sul murale refrigerato di un superstore in Piemonte una serie di referenze di IV gamma confezionate con una tecnologia innovativa per l'ortofrutta in Italia, ovvero lo «skin». La traduzione brutale dall'inglese (skin significa pelle) rende subito l'idea di come si presenti il prodotto. Come si vede dalla fotografia sotto, con tre delle sette referenze presenti sul banco, la pellicola plastificata aderisce perfettamente al prodotto delineandone i contorni in modo preciso.

Skin in ortofrutta

La principale caratteristica dello skin è il connubio tra due tecnologie di conservazione: il sottovuoto e il M.A.P. (Modified Atmosphere Packaging o ATM/ATP, ovvero l'atmosfera modificata/protettiva). La prima modalità prevede la creazione del vuoto, per l'appunto, la seconda la sostituzione dell'ossigeno con gas inerti (spesso azoto), in modo da abbassare drasticamente la carica batterica. L'unione delle due tecnologie conferisce lunga shelf life al prodotto e ne mantiene inalterate le caratteristiche organolettiche.

Lo skin è abbastanza utilizzato in diversi Paesi del nord Europa, soprattutto per la carne. Anche in Italia si è cominciato a vedere qualcosa proprio nelle macellerie negli ultimi 1-2 anni, mentre in ortofrutta ad oggi ci sono poche realizzazioni. Quella che vi proponiamo oggi sembra abbastanza convincete come tentativo di applicazione della tecnologia skin in frutta e verdura.

Skin in ortofrutta

Abbiamo acquistato e provato le sette referenze di verdura trovate nello scaffale (finocchi alla julienne, cuori di carciofo, patate al rosmarino, zuppa di legumi, ceci reidratati, fagioli borlotti e zucca a cubetti) e devo dire che hanno mostrato nei test di assaggio un buon livello di gusto, anche se a livello di shelf life si potrebbe forse migliorare qualcosa (ad oggi durano più o meno come una zuppa fresca da banco frigo).

Il gusto dei finocchi è assolutamente integro, i carciofi non anneriscono minimamente, i legumi cuociono velocemente e la zucca è molto fresca. In generale, quindi, giudizi positivi e una battuta di cassa interessante per un prodotto con un livello di servizio molto alto: 2,49 euro al pezzo per tutte e sette le referenze.

Credo che questa tecnica di confezionamento innovativa possa prendere piede anche in ortofrutta in Italia nel giro di qualche anno, anche se limitatamente a quel sottocampione di consumatori per cui vince sempre il fattore comodità: come emerge dalle nostre ricerche sui freschi, ad oggi circa la metà delle persone rilava le insalate in busta credendo che non siano abbastanza pulite o che abbiano conservanti. Nei salumi l'ATM non è minimamente conosciuta ed anche in questo caso si associa la vaschetta con i conservanti. Per cui il bacino di utenti potenziali sarebbe enorme se non fosse che in generale il cliente è diffidente perché non sa cosa ci sia a monte di certe tecnologie di lavaggio e conservazione. Come è normale, si teme ciò che non si conosce. La soluzione sarebbe la comunicazione, ma sappiamo bene che in ortofrutta non ci sono abbastanza risorse per farlo. Per tale ragione è da ritenere che lo skin abbia buone chance ma faticherà a penetrare velocemente il mercato. E se lo farà, rimarrà nel cerchio degli heavy buyer dei prodotti servizio, per i quali il rapporto qualità-prezzo è molto influenzato dalla comodità di non dovere pulire e preparare il prodotto.

Copyright 2016 Italiafruit News