La Stampa: insalata iceberg sempre più popolare in Italia

La Stampa: insalata iceberg sempre più popolare in Italia
Verde, croccante, tonda, amante dei viaggi. C'è un intruso al mercato e ha questo identikit. È l'insalata iceberg, si fa chiamare con un nome inglese, ma viene - almeno al momento - dalla Spagna. Una lattuga che ha sempre macinato chilometri, dall'Andalusia al Nord Europa, per finire dentro agli hamburger e non solo. Ma la novità è che da qualche tempo ha iniziato a prendere domicilio fisso anche sui banchi di verdura italiani, in mezzo a cicoria e radicchio nostrani. Diventando sempre più popolare. Tanto che oggi l'iceberg contende il primato di insalata più venduta e consumata alla classica trocadero, lei tutta italiana, meglio nota come cappuccia.

Non è la prima volta che succede qualcosa di simile e non sarà l'ultima. Il mercato è globale e sui banchi si vedono le pere argentine e i ravanelli dell'Olanda. Ma il caso dell'iceberg sfida ogni logica. Niente più dell'insalata ha le caratteristiche del prodotto "local", da raccogliere e consumare fresca, in fretta, nell'arco di pochi chilometri. Tanto più che in Italia non manca la materia prima. "Portare l'insalata agli italiani è come vendere frigoriferi agli eschimesi", dice a La Stampa Sergio Fessia, commerciante che seleziona frutta e verdura per i negozi Eataly del Nord Italia. "Dalla gentilina alla canasta, le insalate nostrane non mancano. Eppure da noi la iceberg, oggi così richiesta, si coltiva poco. I nostri agricoltori sono bravi, ma manca la programmazione. Manca qualcuno che tenga d'occhio i gusti dei consumatori e dia informazioni utili a chi produce". 

Che la iceberg sia diventata di moda per merito degli hamburger o perché dura tanto, di certo ormai c'è che gli italiani la comprano. E il punto allora è che la si potrebbe iniziare a coltivare di più dalle nostre parti. "In fondo - continua Fessia - per piantare e raccogliere un'insalata bastano due mesi. In Italia ne esistono già mille tipi. Si va da quelli comuni, che costano tra 1,50 e 2,50 euro al chilo, fino a specialità più care del filetto. È il caso della rosa di Gorizia, la più pregiata tra le insalate italiane, un radicchio che arriva a costare tra i 30 e i 35 euro al chilo".

Non si direbbe, ma una foglia di banale insalata racconta molto del nostro mondo. E lo strano caso della iceberg ha persino un risvolto geopolitico. L'embargo contro i prodotti europei in Russia, firmato da Vladimir Putin il 7 agosto, ha fatto saltare tutti gli equilibri delle esportazioni. "Quella attuale è una situazione anomala e critica", spiega Lorenzo Bazzana, responsabile del settore tecnico ed economico di Coldiretti. "Chi esportava in Russia oggi cerca di piazzare i suoi prodotti sugli altri mercati europei e forse è anche per questo che troviamo l'insalata spagnola sui nostri banchi. Per non rimetterci, anche gli italiani stanno provando a fare lo stesso all'estero. Ma il risultato è che a settembre, solo per l'ortofrutta, abbiamo perso sei milioni di esportazioni rispetto a un anno prima".

Quando si parla dei frutti della terra, spiega il responsabile di Coldiretti, c'è da mettere nel conto un'altra variabile: il clima. "I prodotti agricoli sono soggetti a picchi e buchi di disponibilità e specie per colture delicate come l'insalata basta poco a far saltare i piani.
Programmare non è facile e spesso i prodotti stranieri hanno fortuna nei momenti in cui quelli locali scarseggiano o aumentano di prezzo. Anche per la iceberg è troppo semplice dire: "basterebbe piantarla anche da noi". Le variabili, dal clima al mercato, sono tantissime".

Fonte: La Stampa