IL FUTURO DEL KIWI TRA EMERGENZE FITOSANITARIE E MERCATO: IL RESOCONTO COMPLETO DEL CONVEGNO

IL FUTURO DEL KIWI TRA EMERGENZE FITOSANITARIE E MERCATO: IL RESOCONTO COMPLETO DEL CONVEGNO
Riflettori sulla batteriosi e sulle prospettive dell'export, venerdì 29 novembre, nel tradizionale convegno sul kiwi organizzato dal Comune di Bussolengo (Verona), giunto alla 21° edizione e intitolato quest'anno "Il futuro del kiwi tra emergenze fitosanitarie e mercato".
Un appuntamento in cui sono stati presentati i risultati del Simposio internazionale sulla Psa tenutosi in Nuova Zelanda dal 19 al 22 novembre scorsi, dal quale è emerso che - appurata l'impossibilità di "sconfiggere il nemico" – con la batteriosi bisognerà imparare a convivere. Come? Puntando su varietà più resistenti, ponendo massima attenzione alla gestione del materiale vivaistico e investendo in ricerca: per quest'ultima, i neozelandesi mettono sul piatto qualcosa come 30 milioni di dollari, una cifra impensabile per il principale competitor del Paese oceanico, l'Italia.
Ma anche nella Penisola qualcosa bolle in pentola: si sta valutando la coltivazione in ambiente coperto, con actinidia sotto reti o vere e proprie serre, dotate magari di fotovoltaico. Una soluzione che potrebbe ridurre il rischio di diffusione della batteriosi oltre che proteggere dagli effetti climatici avversi. Ancora tutto da verificare, però, l'effettivo rapporto costo-benefici dell'operazione.
Dopo gli interventi di saluto delle autorità locali il convegno, moderato dal presidente della Coldiretti scaligera Damiano Berzacola davanti a una platea composta da circa 300 produttori, è entrato nel vivo con gli interventi del professor Ross Ferguson, direttore del Royal New Zeland Istitute of Horticulture e di Guglielmo Costa dell'Università di Bologna, che hanno riassunto quanto emerso nel summit neozelandese.
A tre anni dall'arrivo della batteriosi nell'isola del Pacifico, dove l'ambiente si era rivelato ideale per la propagazione, gli addetti ai lavori tornano a guardare con un minimo di ottimismo al futuro, ritenendo che il peggio sia forse alle spalle.
Il kiwi a polpa gialla introdotto a inizio anni Duemila aveva garantito ottimi profitti, ha detto Ferguson, ma si è rivelata la cultivar più delicata, subendo una pesante falcidia. Ora è stata selezionata la varietà Gold3, innestata su circa 2 mila ettari: rispetto alla Hort16a appare più resistente.
"Lavoriamo per contemperare le operazioni di salvaguardia della pianta dal batterio con la salute e produttività dell'actinidia", ha aggiunto il ricercatore che ha poi citato il kiwi rosso, varietà Hongyang, ancora poco coltivato, rivelatosi altrettanto debole al cospetto del "cancro batterico".
In Nuova Zelanda vengono investiti ogni anno 4 milioni di euro l'anno nel miglioramento genetico e, appunto, sono stati stanziati 30 milioni di dollari complessivi per scovare varietà più resistenti e per il sostegno al kiwi in generale.
Il prof. Costa ha sottolineato che il kiwi rappresenta una produzione strategica per cinque Regioni italiane, unica specie ad aver fatto segnare un incremento in termini di ettari presidiati dal 1984 ad oggi: impossibile pensare di ridimensionarne il ruolo anche per l'indotto legato a macchinari e vivaismo.
Il docente dell'Università bolognese ha quindi accennato al progetto di coltivazione in ambiente coperto auspicando che presto possano emergere elementi utili per capire se valga la pena lanciare il progetto su vasta scala.


Marco Salvi

La serata si è conclusa con la presentazione di una serie di dati Iko e Fruitimprese, questi ultimi illustrati dal presidente nazionale dell'associazione Marco Salvi.
Stando alle previsioni Iko 2013 l'Emisfero Settentrionale è accreditato di una produzione di 1.876.000 tonnellate a fronte delle 552.000 tonnellate del versante Meridionale.
La Cina da sola, malgrado la Psa abbia colpito duro affossando la varietà gialla e ridimensionando notevolmente le produzioni del frutto a polpa rossa, potrebbe raggiungere quota 1.100.000 tonnellate, ma il dato sembra sensibilmente sovrastimato. Il colosso asiatico, tuttavia, prosegue la corsa e nei prossimi anni aumenterà ulteriormente non le superfici ma la resa per ettaro. L'Italia dovrebbe attestarsi poco sopra le 400.000 tonnellate, a seguire la Grecia con 150.000.
Nell'Emisfero Sud, leadership con 302.000 tonnellate alla Nuova Zelanda.
Messaggio positivo quello che Salvi ha voluto portare in apertura d'intervento: per la Psa il peggio dovrebbe essere alle spalle, la coltura del kiwi non è a rischio anche se i danni soprattutto a carico del kiwi Gold, sono stati ingenti, tanto da non riuscire nemmeno a recuperare gli investimenti.
Oltre il 70% del kiwi italiano, ha ricordato il presidente di Fruitimprese, viene esportato. Nel 2012-2013 la Germania si è confermata mercato più ricettivo in assoluto con 55.900 tonnellate (ma il trend è in calo, erano 72.000 nel 2000-2001), davanti a Spagna (stabile a quota 39.500) Francia (passata da 10.000 a 20.500), Usa (balzata in un decennio da 7.000 a 20.400), Polonia (18.300 tonnellate) e Russia (in crescita, da 3.000 a 12.000 tonnellate).
L'Ue a 28 resta la principale area di riferimento e assorbe il 68% dell'export totale, a fronte però dell'82% d'inizio anni Duemila. Si consolidano, in veste di acquirenti del "made in Italy", Nord America (dal 5 all'8% in dieci anni), Europa extra Ue (dal 5 a 7%), Centro-Sud America (dal 3 a 5%) Estremo e Medio Oriente (rispettivamente dal 2 a 4% e dall'1 al 3%).
Salvi ha poi fatto riferimento al cambiamento di approccio della Gd sempre più attenta al fattore qualità: "l'esempio della catena Lidl è emblematico: ha inserito nei propri capitolati parametri qualitativi che fino a pochi anno fa non esistevano, pretendendo grado brix minimo 10 e fissando uno standard di durezza massima".


La sala


Tra i competitor più insidiosi del sistema-Italia il presidente di Fruitimprese ha citato la Grecia (che ha raggiunto le 150.000 mila tonnellate prodotte, con un potenziale di 200.000), interlocutore privilegiato dei Paesi dell'Est europeo, mentre le barriere fitosanitarie restano un ostacolo duro da superare e... digerire: Giappone, Messico, Vietnam, Israele sono le prossime "fortezze da scardinare" dopo l'apertura delle frontiere cinesi nel 2008 e l'invio dei primi carichi di kiwi in Corea del Sud lo scorso anno.
Infine un cenno alle prospettive della campagna commerciale 2013-2014. Lo scenario è abbastanza positivo, ha detto Salvi: i lievi cali produttivi attesi in Francia, Grecia e Italia (che, stando alle ultime rilevazioni, dovrebbe flettere di un 5% circa rispetto alla precedente stagione), l'esaurimento sugli scaffali, già da qualche settimana, del kiwi d'Oltremare e la recente gelata in Cile, che potrebbe aver ridotto del 30-40% il quantitativo di merce che arriverà la prossima primavera sui mercati europei, sono tutti segnali positivi nell'ottica di spuntare prezzi soddisfacenti. "A patto – ha concluso Salvi – di produrre con qualità, altrimenti ogni altro discorso cade". (m.a.)

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