«La Farm to Fork non deve far paura agli imprenditori»

Frascarelli: «L’Ue definirà dazi sui prodotti esteri che non rispettano gli standard ambientali»

«La Farm to Fork non deve far paura agli imprenditori»
La strategia europea “Farm to Fork” non deve far paura agli imprenditori italiani di prodotti ortofrutticoli, ma va concepita come uno step necessario per far evolvere il nostro settore verso il modello agricolo del futuro: l’agricoltura smart. Ne è convinto Angelo Frascarelli, docente al Dipartimento di Scienze Agrarie, alimentari e ambientali dell'Università di Perugia, che fa parte del Comitato scientifico di “Green Farm Innovation” - nuovo progetto di Sg Project (clicca qui per leggere l’articolo di oggi) - assieme a Simona Caselli (Areflh), Ersilia di Tullio (Nomisma), Raffaello Bernardi (Sg Marketing) e Flaminia Ventura (Università di Perugia).  

“Le politiche del Green Deal sono sette; noi ci occupiamo solo della sesta, conosciuta come Farm to Fork. Dobbiamo quindi tenere conto che l’intera l’economia europea sarà soggetta a un forte cambiamento nei prossimi 30 anni, in modo che il continente possa raggiungere la neutralità climatica”. 


 Angelo Frascarelli

L’Italia ha però una questione interna da superare. “Il mondo agricolo si è spaccato sugli obiettivi della Farm to Fork. La riduzione del 50% degli agrofarmaci entro il 2050, del 20% dei fertilizzanti e del 30% degli antibiotici entro il 2030, nonché il raggiungimento del 25% di superfice coltivata in biologico entro il 2030, sono dati che hanno fatto spaventare la stragrande maggioranza delle aziende italiane del settore agroalimentare. Se fossi un imprenditore, però, non sarei così preoccupato di questi obiettivi. Anche perché l’agricoltura nazionale garantisce già oggi i più alti standard di sostenibilità in Europa”.

“Le aziende, quindi, non devono percepire gli obiettivi della Farm to Fork come vincoli ambientali. Bensì come una evoluzione della sostenibilità, un cambiamento che sarà accompagnato da un processo di economia intelligente, o meglio di agricoltura smart, cioè dall’innovazione. Ciò significa sviluppare sempre più l’agricoltura digitale, la robotica, la nuova genetica, il bio-controllo, la block chain e così via. L’Ue sta andando in questa direzione perché lo chiedono i consumatori ed i cittadini. Per il futuro dell’agricoltura italiana, tra l’altro, è fondamentale alzare l'asticella della sostenibilità. Altrimenti non potremmo far altro che competere a prezzi bassi, e così moriremo”. 



Frascarelli ha annunciato poi una notizia tanto attesa quanto importante per il mondo produttivo. “L’Ue sta mettendo in campo una serie di dazi per quei Paesi esteri che non rispetteranno i nostri standard ambientali. Questi dazi saranno fondamentali, primo di tutto perchè l'Ue aumenterà le proprie risorse. L'ambizione della strategia è quella di portare tutto il mondo a seguire il modello di sostenibilità dell'Europa”.

In questo ambito Claudio Scalise, managing partner di Sg Marketing ed Sg Project, ha voluto ricordare che il comparto dell’ortofrutta italiana ha comunque bisogno di riorganizzare le proprie filiere produttive a prescindere dalle politiche europee della Farm to Fork. “Con il cambiamento climatico e le nuove pandemie che sono arrivate in ortofrutticoltura, alcuni dei più importanti settori produttivi dell’Italia si trovano in difficoltà - ha precisato - Basti pensare alle pere, alle pesche, al kiwi e al pomodoro. Occorre ripensare a ricostruire le filiere con nuovi processi produttivi che partano da varietà più resistenti, sviluppate anche tramite le nuove tecnologie di breeding (No-Ogm) che dovranno essere necessariamente introdotte. Non è la sostenibilità che fa perdere volumi e capacità di presenza sul mercato”. Che dire ancora: i decisori politici prendano appunti.

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