Kiwi, largo alla potatura meccanica... e ai robot

Le macchine possono rivelarsi scelte vincenti da fine luglio in avanti

Kiwi, largo alla potatura meccanica... e ai robot
Dalla Cina all'Italia passando per la Nuova Zelanda. Il kiwi, Actinidia chinensis, ne ha fatta di strada prima di arrivare negli anni '80 nel nostro paese, ora terzo produttore al mondo con una superficie coltivata pari a oltre 25mila ettari e una produzione vicina alle 400mila tonnellate (dati Cso Italy). Con gli attuali impianti in produzione - in calo a causa della diffusione della moria - si potrebbero produrre fino a 600mila tonnellate. Per farlo, occorre investire sempre più nell'innovazione varietale e ottimizzare le varie operazioni colturali, in primis la potatura.

Potare correttamente l'actinidia - specie lianiforme che necessita di strutture di sostegno per crescere - è il primo passo per gestire il frutteto in modo redditizio. In particolare, consente di favorire la crescita corretta dei giovani alberi, regolare l'equilibrio tra attività vegetativa e produttiva degli adulti per una fruttificazione costante e una resa maggiore, e agevolare l'esecuzione delle attività tra i filari.
 
Potare i kiwi è un'arte
Nei primi tre anni successivi all'impianto, si esegue la potatura di allevamento per formare lo scheletro degli alberi e realizzare la forma di allevamento voluta. A Nord sono più diffuse le soluzioni a pergola e doppia pergola - fusto con due branche orizzontali (cordoni permanenti assicurati a un filo e cimati all'estremità) da cui partono i rami fruttiferi - mentre a Sud si predilige la forma a tendone, che può essere potata sempre e solo a mano.

"Gli interventi di potatura di allevamento, volti a favorire prima lo sviluppo del tronco e poi dei cordoni permanenti su cui cresceranno i germogli destinati a divenire i tralci produttivi, richiedono notevole precisione e quindi sono esclusivamente manuali", spiega Valter Fiumana, tecnico di Agrintesa.

Quando i kiwi sono adulti, si passa alla potatura di produzione - che si divide in invernale (o secca) e primaverile-estiva (o verde) - per conservare la forma di allevamento prescelta e garantire un rinnovo vegetativo tale da avere rami adatti alla fruttificazione.

La potatura secca consiste nell'eliminare le branchette che hanno fruttificato, sostituendole con rami di un anno accorciati a 150-170 centimetri, durante il riposo vegetativo (più o meno tra fine novembre e inizio febbraio). Da metà febbraio circa, le piante entrano nella fase del pianto e non devono più essere potate perché perderebbero linfa grezza. "È difficile meccanizzare la potatura invernale - per altro eseguibile a mano in tempi ragionevoli (120-140 ore per ettaro) se le piante sono state ben gestite in precedenza - poiché prevede il taglio di tralci molto vicini ai cordoni permanenti" specifica Fiumana.

Segue la potatura verde che assicura l'illuminazione, l'arieggiamento e l'impollinazione ottimali della chioma, la produzione di frutti di buona pezzatura e il passaggio agevole dei mezzi tra i filari.

Tre gli interventi da condurre: eliminazione dei germogli più vigorosi che si trasformerebbero in succhioni (inadatti per la fruttificazione dell'anno successivo), rimozione dei bottoni fiorali in eccesso che darebbero origine a frutti inadeguati alla commercializzazione e diradamento dopo la fioritura.
 
La meccanica fa la sua parte
Quando entrano in gioco le macchine agricole definite potatrici? Da fine luglio in avanti, quando le piante hanno terminato la delicata fase di fioritura e possono essere potate in modo più "pesante".
 

Le potature dell'actinidia - specie dioica (fiori maschili e femminili su alberi diversi) - sono per lo più manuali anche perché occorre tagliare gli esemplari femminili (portatori degli ovuli) in misura maggiore rispetto a quelli maschili (produttori di polline), facendo sì che i rami delle femmine sporgano dal filo esterno fino a 50 centimetri da terra e siano distanti tra loro almeno 30-35 centimetri. "Sui maschi dove si lasciano più rami bisogna - aggiunge Fiumana - eseguire una potatura di rinnovo dopo la fioritura per assicurare la corretta gestione della chioma".

Normalmente, quando l'azienda effettua impollinazione aggiuntiva tramite appositi macchinari, troviamo una pianta maschile ogni sei-sette femminili sulla fila e maschio ogni cinque femmine in assenza di tale pratica.
 
Potatura meccanica, efficienza garantita
La crescente difficoltà nel reperire manodopera qualificata a costi accettabili (si parla di circa 12 euro all'ora a persona) per la potatura manuale dei kiwi ha spinto i frutticoltori più strutturati ad usare potatrici per gli ultimi interventi di potatura verde. L'impiego di macchine è consigliabile quando si hanno almeno 4-5 ettari a pergola/doppia pergola o attrezzature per la potatura del vigneto già in uso in azienda.
A differenza del vigneto, dove talvolta si esegue anche una prepotatura meccanica con rifinitura manuale, in actinidieto il lavoro delle potatrici non viene rifinito dagli operatori tramite forbici automatiche.

"La potatura meccanica, adottata soprattutto nelle zone più vocate per la coltivazione dell'actinidia, non è ancora largamente diffusa perché non tutti gli agricoltori sono pronti per questo cambiamento, e spesso non sono a conoscenza dei vantaggi che ne derivano" afferma Riccardo Raneri, direttore commerciale di Orizzonti.

Generalmente eseguita in giornate asciutte per favorire la cicatrizzazione dei tagli nel giro di ventiquattro ore, la potatura tramite macchine può rivelarsi conveniente perché garantisce risultati soddisfacenti, anche a fronte di un intervento non specifico sulla pianta, per non parlare dei tempi e dei costi d'intervento decisamente ridotti rispetto all'operazione manuale.

"Le potatrici con apparati di taglio singoli o doppi che operano in spazi interfilare ben livellati, possono potare dai 5 agli 8 ettari al giorno" dichiara Fiumana; mentre Raneri aggiunge: "Le macchine, ammortizzabili in tempi brevi, permettono di lavorare a velocità fino a 4 chilometri orari aumentando notevolmente la produttività e di eseguire una potatura di qualità evitando tagli sfibrati, più facilmente attaccabili dai patogeni".


 
Potatrici: quali scegliere?
Si possono usare due tipi di potatrici, installabili anteriormente sui trattori specializzati e alimentabili per via idraulica.
Quelle a barre falcianti vantano una o due barre di taglio azionate da motori idraulici e regolabili in modo indipendente. Leggermente più complesse rispetto a quelle a dischi rotativi, sono - commenta Raneri - "oggetto di upgrade finalizzati ad aumentarne la praticità e a renderle più user-friendly. Per ora, però, è presto per parlare di soluzioni di agricoltura 4.0".

Le potatrici a dischi rotativi possiedono due serie di dischi orizzontali dentati. Mosse da appositi alberi motori e sostenute da un telaio ad U rovesciata che protegge gli organi di taglio ed evita l'ingresso dei fili di sostegno dell'impianto, le due colonne con un numero di dischi variabile convogliano i tralci verso il centro per poi tagliarli.

Secondo Fiumana, "le versioni a barre sono perfette per tagliare il legno morbido dell'actinidia, mentre quelle a dischi sono più costose e più indicate per la vite, ma comunque utilizzabili se già presenti nel parco macchine". "Sulle prime una lama fissa tiene fermi i tralci permettendo alla lama mobile di tagliarli di netto" precisa Raneri. "Diversamente, sulle seconde i dischi in rotazione creano una ventilazione che può provocare il movimento dei rami e quindi tagli non proprio netti".

Potatrici a barre falcianti specifiche per kiwi, le Orizzonti K200 (a colonna fissa monolaterale) e K400 (a colonna fissa bilaterale) che possiedono, rispettivamente, una e due barre monolama da 200 centimetri, dotate di sistema antiurto e sistema SCH per il taglio di rami con diametro fino a 4 centimetri. Le barre di taglio si aprono a V rovesciata con un angolo di 60 o 120 gradi e richiedono portate di 20 o 25 litri al minuto, erogate a una pressione massima di 180 bar.
K200 è disponibile con innesti rapidi al trattore o distributore idraulico, mentre K400 è proposta con distributore elettroidraulico o idraulico. "In fase di sviluppo, abbiamo lavorato molto sul sistema SCH per garantire tagli netti e sull'inclinazione idraulica della lama per consentirne l'adattamento ad ogni tipo di impianto" fa sapere Raneri.


Potatrice Orizzonti K400 in campo

Adatte alla potatura dell'actinidia anche le potatrici a barre BS60-90-100-150-200-250 e a dischi DPK di Lotti CaBa Industrie. Le robuste barre BS - disponibili in lunghezze da 60 a 250 centimetri - assicurano un taglio rapido e preciso dei tralci con diametro fino a 3 centimetri, mentre la DPK - caratterizzata da una lunghezza di 40 centimetri e da nove dischi (tre da taglio più sei da stralcio) con apertura fino a 35 centimetri - garantisce grande efficienza.

Da segnalare, infine, la potatrice ORSL di Rinieri con comandi a joystick proporzionale che possiede un telaio con spostamento a parallelogramma adatto a frutteti con altezze fino a 6 metri e una barra di taglio singola per il taglio di rami con diametro fino a 6 centimetri.
 
Potatura da meccanica a... robotizzata
In futuro, potrebbe giocare un ruolo importante anche la robotica. In Nuova Zelanda muove già i primi passi il robot di Robotics Plus, in grado di raccogliere e potare kiwi grazie a un braccio meccanico guidato da videocamere, una centralina elettronica e algoritmi di apprendimento.

"Le innovazioni per la coltivazione dell'actinidia arrivano prima in Nuova Zelanda che in Italia, dove bisogna ancora abituarsi alle potatrici" commenta Raneri. "Nel nostro paese ci vorrà davvero molto tempo per arrivare alla potatura robotizzata".

Autore: Serena Giulia Pala 

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