Covid e rialzo dei noli, burrasca sull'export via mare

Martini (Dcs Tramaco): mele e kiwi, problemi su alcuni mercati strategici

Covid e rialzo dei noli, burrasca sull'export via mare
Covid e rialzo dei noli, è un momento delicato per l’export via mare di frutta: lo spiega Riccardo Martini, amministratore delegato di Dcs Tramaco, società di logistica specializzata nei trasporti refrigerati. “La stagione invernale è partita con molte difficoltà ed è un peccato, perché quest’anno la produzione è in generale buona e di qualità; l’export di mele, ad esempio,  solitamente parte forte verso le classiche destinazioni del Medio Oriente, mentre in queste settimane si è scontrato con la debolezza di quei mercati, a causa degli effetti collaterali dell’epidemia di coronavirus".



In che modo il Covid sta condizionando la richiesta di frutta italiana? "In mercati per noi strategici come Arabia Saudita ed Emirati, oltre alla inevitabile crisi economica dovuta all’epidemia, la paralisi del turismo e dei viaggi d’affari ha colpito pesantemente il settore Horeca, canale importante per la frutta di qualità Made in ItalyLe mele per fortuna possono sempre contare su mercati ormai consolidati come quello egiziano e giordano, pur stretti fra la concorrenza della Polonia e della Grecia e su altre destinazioni particolarmente vivaci quest’anno come il Centro e Sud America e l’India. Inoltre la recente approvazione dei protocolli fitosanitari ha finalmente permesso di iniziare a esportare in nuovi Paesi dell’Estremo Oriente”.

E per il kiwi qual è la situazione? “L'export marittimo hanno finora privilegiato quello giallo - risponde Martini - mentre il verde soffre molto in questo momento la competizione della Grecia, che ha aumentato la produzione, migliorato la qualità e, grazie a costi inferiori, può praticare prezzi molto aggressivi”.



Come vede l’export via mare nei prossimi mesi? "Credo continuerà un pò sottotono perché, oltre all’impoverimento dei mercati per l’emergenza Covid, gli esportatori devono fare i conti con noli marittimi cresciuti tantissimo, ultimamente: in alcuni casi i rialzi sono del 30%. Gli armatori, per contrastare la crisi che ha sconvolto le economie mondiali hanno inizialmente e direi giustamente ridotto il numero di navi porta container in servizio. Adesso che c’è una ripresa degli scambi, soprattutto con il Far East e il Nord America, le compagnie hanno più richiesta che disponibilità di container vuoti e spazi nave e hanno messo forti Peak Season Surcharge (sovrapprezzo variabile che i trasportatori possono applicare in periodi di picco della domanda, ndr)". "C’è chi la considera una speculazione - conclude Martini - ma io credo si tratti semplicemente della legge di mercato. Con queste premesse, tuttavia, non posso dar torto ai molti produttori che di fronte a prezzi bassi, noli alti e maggiore rischio di trasporto, stanno privilegiando il mercato europeo”.

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