Pianeta food, previsioni fosche

Report Nomisma: due aziende alimentari su tre prevedono un calo di fatturato

Pianeta food, previsioni fosche
L’industria alimentare, al pari della filiera ortofrutticola, guarda ai prossimi mesi con grande preoccupazione. E quasi due aziende su tre attendono un calo del fatturato del 2020. Lo evidenzia un Rapporto di Nomisma per Centromarca e Ibc. Per effetto delle dinamiche innescate dal lockdown (tra cui il sostanziale blocco dell’Horeca, i cui consumi valgono il 34% del totale food&beverage Italia e tra il 14 e il 18% nel nostro settore) e delle incertezze legate all’evoluzione dell’emergenza sanitaria, solo il 20% delle aziende prevede un incremento del giro d'affari in Italia e all’estero; per il 15% il turnover sarà in linea con l’anno precedente, mentre per il 62% l’anno si chiuderà con una contrazione delle vendite che, per il 38% supererà il 15%  in valore. I dati sull’andamento degli scorsi mesi, del resto, confermano la previsione: -9,5% ad aprile sullo stesso mese 2019, -5,8% a maggio e -1,1% sia a giugno che a luglio.

L’industria genera il 20% del valore aggiunto della filiera alimentare. Tra il 2008 e il 2019 il valore aggiunto espresso dalle aziende di trasformazione è cresciuto del 19% (mentre la manifattura nel suo insieme si è fermata al 7%); l’occupazione del 2% a fronte di una riduzione del -13% del settore manifatturiero. Tra il 2009 e il 2019 le esportazioni sono aumentate a valore dell’89%. 



L’importanza dell’industria di trasformazione alimentare, prosegue il Report, si è confermata nei primi sette mesi di quest’anno quando, in uno dei momenti più difficili nella storia dell’economia italiana, le vendite al dettaglio di prodotti alimentari (+3,3% rispetto al -17,6% degli altri prodotti nel confronto con l'analogo periodo del 2019) hanno sostenuto anche l’attività della grande distribuzione (+4,4% contro un valore delle vendite complessive nello stesso canale del -4%) e delle piccole superfici (+3,9%). 

Anche sul fronte dell’export, i primi sette mesi evidenziano un risultato cumulato positivo per l’alimentare italiano (+3,5%) a fronte di un crollo complessivo di tutte le esportazioni, pari al -14%, sebbene aprile e maggio abbiano registrato cali sensibili (rispettivamente -1 e -12%). "Le diverse modalità adottate nel mondo, nei tempi e nell’applicazione del lockdown, hanno determinato performance differenti nell’export dei nostri prodotti, penalizzando principalmente quelli venduti nel canale Horeca", sottolinea Denis Pantini, responsabile agroalimentare di Nomisma e curatore del Rapporto.  "Si spiegano così, per esempio, il -4% nell’export di vino e, all’opposto, il +25% della pasta italiana o il -7,8% dell’export alimentare francese contro il +2,7% di quello spagnolo". L'ortofrutta, dal canto suo, nei primi sei mesi è cresciuta sensibilmente in valore. 



L’indagine, che ha coinvolto 200 imprese del food&beverage italiano, ha evidenziato che il 42% degli esportatori lamenta comunque una contrazione sui mercati esteri e il 35% delle aziende teme, per il futuro, una perdita di posizionamento dei propri prodotti a causa di un maggior protagonismo delle imprese locali. 

Per quanto riguarda gli investimenti, prima dell’emergenza l’82% delle aziende ne aveva pianificati per quest’anno, ma mancanza di liquidità, difficoltà di accesso al credito e congiuntura negativa spingono ora il 38% delle imprese a rimodularli e il 31% a rinviarli. Il rimanente 31% prevede di mantenerli, destinandoli in particolare all’acquisto di impianti e macchinari funzionali al ciclo produttivo (86%), di nuove tecnologie (46%) e a ricerca e sviluppo di nuovi prodotti (39%).

Per Francesco Mutti, presidente di Centromarca "gli effetti dell’emergenza coronavirus si aggiungono alle criticità esistenti e diventa improrogabile il varo di un piano pluriennale che consenta al settore di sostenere la crisi e concentrarsi".

Il Rapporto, fotografa un comparto ancora polverizzato, costituito essenzialmente da imprese di piccole dimensioni, che affrontano con difficoltà il mercato globale. Meno di ottomila aziende su 56mila hanno più di nove addetti. Mancano strategie di branding, piani per l’internazionalizzazione, progetti per l’integrazione delle tecnologie digitali.

"In questa fase sarà importante prestare attenzione a quanto viene deciso a livello europeo", sottolinea Paolo De Castro, componente del Comitato Scientifico di Nomisma. "Nuova Pac, Green Deal, politica commerciale internazionale, sono solo alcuni dei grandi dossier in discussione a Bruxelles, dai cui esiti possono dipendere le sorti, o quantomeno lo sviluppo, di molte imprese agroalimentari italiane". La parola d'ordine è rafforzare la competitività delle imprese alimentari italiane e supportarle nel loro percorso di crescita al fine di garantire quel ruolo di traino economico e salvaguardia occupazionale che ha mostrato tutta la sua efficacia nei mesi più duri dell’emergenza da Covid-19, ma che rischia di essere messo a dura prova nei prossimi mesi.

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