Confagricoltura, Cia e Coldiretti sul Coronavirus

Confagricoltura, Cia e Coldiretti sul Coronavirus
Relativamente alle ultime misure adottate dal governo italiano sul Coronavirus (clicca qui per approfondire), non tardano i commenti di Confagricoltura, Cia e Coldiretti.

"La crisi sanitaria non deve diventare crisi economica" sostiene Confagricoltura, evidenziando l'importanza di "avviare subito una cabina di regia interministeriale che affronti in maniera coordinata l’emergenza Coronavirus per tutto il settore agricolo e agroindustriale". 
Dalla giunta straordinaria convocata oggi dal presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti è emersa chiara la richiesta dell’organizzazione di fare la propria parte nell’affrontare quest’urgenza che, oltre ai gravi aspetti sanitari, rischia di aggravare una situazione economica già difficile. 
La costituzione di una cabina di regia che veda coinvolti tutti i dicasteri interessati, le organizzazioni di imprese delle filiere “dal campo alla tavola” è uno sforzo congiunto necessario per garantire continuità produttiva e commerciale a un comparto che rappresenta quasi il 20% del Pil nazionale e circa il 10% dell’export nazionale complessivo.

Intanto Confagricoltura, grazie alla capillare rete sul territorio, ha costituito una task force che segue attentamente la situazione e interviene sulle autorità competenti perché si riduca al massimo il disagio di imprese e lavoratori. 
Trasporti, logistica, consegne dei prodotti sono le questioni più urgenti: non potendo evadere gli ordini, le aziende stanno subendo perdite importanti. 
"E’ inaccettabile, perché ingiustificato - evidenzia Confagricoltura - qualsiasi rallentamento dei nostri prodotti verso i mercati esteri".
La situazione è più fluida nelle zone rosse laddove i problemi si stanno affrontando con la massima responsabilità da parte degli imprenditori agricoli e grazie a specifici permessi di transito concessi dalle autorità competenti per affrontare i disagi nell’immediato.



Anche Cia-Agricoltori Italiani interviene sulla crisi in atto a livello nazionale, commentando come positive le prime misure del governo per affrontare l’emergenza Coronavirus.
Cia sottolinea però l’importanza di guardare subito anche ad azioni più strutturali a sostegno di tutte le imprese italiane. 
In particolare, si ritiene valida la sospensione degli adempimenti e dei pagamenti dei tributi e delle ritenute fiscali, come dei contribuiti previdenziali obbligatori, per cittadini e imprese negli 11 Comuni della zona rossa tra Lombardia e Veneto, che stanno subendo le conseguenze più pesanti. 
Molto apprezzata da Cia anche la scelta di attivare la cassa integrazione in deroga per tutte le aziende che non sono coperte da un sistema di integrazione al reddito e, quindi, pure per quelle del settore agricolo. Bene, la trasformazione della cassa integrazione straordinaria in ordinaria e, a copertura, la disponibilità ipotizzata di 21 milioni di euro, nei primi due mesi, oltre alla previsione di indennizzi per i lavoratori autonomi, compresi i produttori agricoli. 
"E’ chiaro, però, che si tratta di una situazione straordinaria che coinvolge a cascata tutta l’Italia, a partire dalle aziende, anche dell’agroalimentare e del turismo, che operano nelle aree circostanti la cosiddetta zona rossa e che con essa lavorano, affrontando ora -segnala Cia- le inevitabili ricadute negative dal punto di vista sia commerciale che organizzativo, come le difficoltà nel reperire manodopera".
"Uno scenario tale -sottolinea Cia- che richiede, quindi, di pensare all’intero sistema Paese e all’adozione di interventi di sostegno più strutturali a favore dei comparti produttivi, in particolare del Nord Italia che da solo vale oltre il 50% del Pil nazionale. Si segnalano, inoltre, i primi cenni di crisi sui mercati internazionali che richiedono monitoraggio e lavoro delle diplomazie". 
I produttori Cia stanno continuando a lavorare per sostenere anche le aree più colpite, vigilando sulla filiera e respingendo ogni tentativo di speculazione sui prezzi dal campo alla tavola. 
"Va detto però - torna a sottolinea l’organizzazione - che le criticità sono in costante aumento e occorre, quindi, risolvere tempestivamente i problemi legati alla logistica e alla distribuzione che limitano l’attività delle strutture produttive, a partire dalle zone più coinvolte". 



Da un'analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al gennaio 2020, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, emerge come "nel mese di gennaio,con l'inizio dell'emergenza Coronavirus, le esportazioni made in Italy in Cina siano crollate dell’11,9%Il Coronavirus ha frenato i consumi nel gigante asiatico ma ha anche i flussi commerciali per i limiti posti al trasporto di persone e merci". 
"Una situazione che – sottolinea la Coldiretti - coinvolge direttamente l’agroalimentare dopo che le esportazioni di cibi e bevande Made in Italy in Cina avevano fatto segnare il record storico nel 2019 per un valore stimato in 460 milioni di euro, con un aumento del 5% grazie alla progressiva apertura del gigante asiatico a stili di vita occidentali, secondo le proiezioni della Coldiretti sulla base dei dati Istat"
"A pagare un conto salato è – precisa la Coldiretti - il vino per un valore di 140 milioni di euro nel 2019 ma difficoltà ci sono anche per le esportazioni di frutta e verdura fresca Made in Italy che avevano fatto segnare in Cina il record storico con un balzo nel 25% grazie alla progressiva apertura del gigante asiatico". 
"Ma a preoccupare – denuncia la Coldiretti - sono le speculazioni in atto sui prodotti agroalimentari Made in Italy in alcuni Paesi dove vengono chieste senza ragione certificazioni sanitarie su merci come la frutta e la verdura provenienti dall’Italia". 

"Serve un intervento delle autorità nazionali e comunitarie per fermare pratiche insensate che rischiano di far perdere quote di mercato importanti alle produzioni nazionali per colpa di una concorrenza sleale che mira a screditare i prodotti dall’Italia che sono sani, garantiti come prima - ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - si tratta di comportamenti ingiustificati che mettono a rischio la libera circolazione delle merci anche all’interno dell’Unione senza alcuna valida motivazione scientifica e vanno a colpire un settore strategico del made in Italy come l’agroalimentare che cresce all’estero ed esporta oltre 42 miliardi di euro”. 
"Sul mercato interno con l’emergenza coronavirus c’è – continua la Coldiretti - il rischio paralisi per il lavoro di 500 aziende agricole negli undici comuni della zona rossa fra Lombardia e Veneto a causa dei provvedimenti restrittivi adottati in aree a forte vocazione agricola, dagli allevamenti ai vigneti, dagli agriturismi alle cantine". 
"Nella fascia di quarantena – spiega la Coldiretti – vivono oltre centomila fra mucche e maiali ed è necessario garantire una adeguata assistenza nelle stalle e della forza lavoro nei campi, anche in vista delle semine"

"Le difficoltà – sottolinea la Coldiretti – si estendono in realtà all’intera area della pianura padana dove nasce oltre 1/3 del Made in Italy agroalimentare, direttamente condizionato dall’emergenza coronavirus nell’attività produttiva e commerciale. A tutto ciò si aggiunge la decisione della Romania di mettere in quarantena tutti i cittadini provenienti dalle regioni Lombardia e Veneto. Un provvedimento che rischia di privare l’agricoltura italiana dei centomila lavoratori che ogni anno dalla Romania raggiungono l’Italia per le attività stagionali nelle campagne. I rumeni sono la comunità di braccianti più numerosa in Italia dove sono molti i 'distretti agricoli' del nord dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte e caseifici in Lombardia.

Fonte: Ufficio stampa Confagricoltura, Cia e Coldiretti