Fava, una leguminosa in ripresa

In Italia le superfici coltivate aumentano del 28% rispetto al 2012

Fava, una leguminosa in ripresa
La storia della fava come pianta per uso alimentare da parte dell'uomo ha radici profonde. Per tutto il Medioevo e fino al secolo scorso le fave secche e poi cotte hanno rappresentato una delle principali basi alimentari proteiche di molte popolazioni. Recentemente il consumo dei semi secchi si è ridotto, mentre ampia diffusione ha ancora nell’alimentazione umana l’uso della granella immatura fresca o conservata inscatolata o surgelata. Inoltre la pianta di fava è coltivata per produrre foraggio (erbaio) per l'alimentazione animale e per essere usata nel sovescio.

In Italia nel 2019 per l'Istat gli ettari destinati alla coltivazione della fava sono stati 67.631 (sono 60.007 ettari per fava da granella e 7.624 ettari per fava fresca in pieno campo) per una produzione complessiva di 1.705.081 quintali (1.213.544 quintali per fava da granella e 491.537 quintali per fava feresca da pieno campo). Rispetto al 2012 c'è stato un incremento delle superficie a fava del 28% e del 20% per produzione.

La fava, terza leguminosa prodotta in Europa, è simile al pisello come contenuto in proteina e lisina. L'attuale Pac prevede diversi strumenti che riconoscono direttamente o indirettamente i benefici delle leguminose, sia dal punto di vista ambientale o da quella del sostengono alla produzione di colture proteiche nell'Ue, come ad esempio il pagamento ecologico (greening) - attraverso la possibilità di coltivare alcune colture che fissano l'azoto a beneficio della biodiversità nelle aree di interesse ecologico (Efa), un requisito di diversificazione delle colture - che in Italia è stato anche nel 2019 pari al 30% dei pagamenti diretti.

Terreno e clima, esigente ma non troppo
La fava (Vicia faba L.) predilige terreni profondi e fertili, anche se ben sopporta elevati contenuti in calcare ed argilla. Attenzione ai ristagni idrici, che risultano molto dannosi. Il miglior pH del terreno è quello prossimo alla neutralità, ma tollera pH fino anche a 8.4. Al contrario sono sempre dannosi i terreni acidi. La fava è tra le specie moderatamente sensibili alla salinità, con una soglia di salinità del terreno di 1.6 dS m-1. Tollera bene l'aridità, in linea generale.
Dal punto di vista del clima è specie microterma, quindi resiste abbastanza bene alle basse temperature. Al di sotto di 0°C si arresta lo sviluppo della pianta ed anche l'attività dei Rizobi e, quindi, l’azotofissazione. Le fasi vegetali del ciclo biologico della pianta di fava più sensibili alle basse temperature sono la fioritura e l’allegagione: molto dannose sono anche le gelate tardive e gli abbassamenti di temperatura dopo la fioritura.
 
Fava e preparazione del suolo
La fava predilige un’accurata preparazione del terreno, che implica un vantaggio produttivo non solo per la fava stessa ma anche per il cereale che la segue in rotazione. Per avere un'accurata preperazione si può eseguire un’aratura a fine estate, a cui far seguire le lavorazioni complementari in autunno per l’affinamento del terreno. Inoltre, grazie al suo robusto fittone radicale, la fava si adatta anche alla semina diretta sulle stoppie, utile in caso d'impiego della specie come coltura intercalare.

Avvicendamento colturale e semina
La fava è una tipica coltura miglioratrice, che svolge un eccellente ruolo di pianta da rinnovo. I benefici che apporta al terreno sono molteplici, sia diretti che indiretti a causa delle lavorazioni che richiede. Rilascia abbondanti residui vegetali, che incrementano il contenuto in sostanza organica e dei nutrienti nel terreno. Particolarmente importante è l’apporto di azoto, per i riflessi che ha sulla concimazione, visto la sua capacità di fissare l'azoto atmosferico. Questa sua capacità, come per tutte le leguminose, permette di far rientrare la fava tra le colture adatte per soddisfare i requisiti del greening all'interno della Pac.

Negli avvicendamenti si colloca bene in successione a cereali autunno-vernini, quali frumento ed orzo. Il primo periodo ottimale per la semina delle fave è quello autunnale, tra ottobre e novembre. La semina in questo periodo pre-invernale è consigliata per la coltivazione in aree a clima più mite, quindi centro e sud Italia. La semina invece nel periodo primaverile, tra metà febbraio e metà marzo, è maggiormente consigliata per le zone del nord Italia. In linea generale la profondità di semina consigliata è tra i 5 ed i 10 centimetri, quindi né troppo superficiale e né troppo profonda.

Irrigazione e fertilizzazione, due aspetti fondamentali
Dal punto di vista idrico la fava non è molto esigente, se non nella fase di crescita del baccello. In questo particolare momento biologico la pianta ha bisogno di acqua, per soddisfare le esigenze produttive. In condizioni ordinarie e di precipitazioni normali (per stagione e periodo) non sono previste irrigazioni, se non in modo limitato e d'emergenza. Il disciplinare di produzione della Regione Campania indica alcuni valori sull'adacquamento in relazione al tipo di terreno: terreno sabbioso 350 Vmax (m3/ha) pari a 35 millimetri, terreno franco 550 Vmax (m3/ha) pari a 45 millimetri, terreno argilloso 550 Vmax (m3/ha) pari a 55 millimetri.

Per quanto riguarda la fertilizzazione è difficile indicare valori specifici, visto che eseguirla in modo bisogna tener conto delle caratteristiche del terreno, delle esigenze della coltura e degli asporti. Tendenzialmente comunque la fava è una coltura ad elevata richiesta di azoto e potassio e di basse richieste di fosforo (questo per quanto riguarda i tre elementi nutritivi principali). Relativamente all’azoto, in quanto leguminosa, la fava con l’azotofissazione riesce a soddisfare quasi completamente le sue esigenze, anche se può essere conveniente somministrare una piccola quantità di azoto alla semina (effetto starter): circa 30 kg/ha per soddisfare le esigenze delle piantine in attesa che si formino (ed inizino poi a sintetizzare azoto) i noduli di Rizobio.
 
La fava e la raccolta
La modalità ed i tempi di raccolta variano in funzione della destinazione del prodotto. Per le colture da granella secca la raccolta viene effettuata quando i baccelli hanno assunto una colorazione scura (indicativamente a giugno), ma non sono completamente secchi. Oggi la raccolta avviene in modo meccanizzato attraverso la mietitrebbia da grano, opportunamente regolata. Per le colture da consumo fresco (e quindi in orto), la raccolta è scalare ed eseguita a mano (indicativamente tra aprile e maggio). I semi freschi possono essere destinati anche all’industria conserviera, inscatolati e surgelati. Qui la raccolta (anche qui tra maggio e giugno) avviene attraverso pettinatrici-sgranatrici: per individuare il momento opportuno della raccolta si usa il grado tenderometrico (misura la resistenza del seme ad essere perforato da una punta: 1 grado tenderometrico = 1 libbra/pollice al quadrato), che sarà di 100° per i surgelati e 115° per gli inscatolati. Per le colture da foraggio o sovescio, lo sfalcio dovrà essere eseguito nella fase di piena fioritura-allegagione (indicativamente seconda metà di marzo) e potrà eventualmente essere seguito da affienamento.

Autore: Lorenzo Cricca 

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