Innovazione e prezzo al centro dell'X-Factor dell'Ortofrutta

Esperienze a confronto al Forum Cdo Agroalimentare: il ruolo del residuo zero

Innovazione e prezzo al centro dell'X-Factor dell'Ortofrutta
Aziende diverse tra loro per dimensioni e specializzazione, ma legate da un fil rouge: quello dell'innovazione e della determinazione degli imprenditori. Tre storie, tre esperienze, che hanno animato l'X-Factor dell'Ortofrutta durante la seconda giornata del Forum Cdo Agroalimentare. Presentati da Enrico Bucchi, sono saliti sul palco davanti ai giudici Natalino Gallo (presidente Op Agricor) e Mauro Laghi (direttore generale Alegra) gli imprenditore ortofrutticoli Luciano Giuliani e Davide Modigliani, e poi Giancarlo Guidi dell'omonima azienda di Roncofreddo (Forlì-Cesena): realtà specializzata in avicoltura che ha però dato vita al brand Albisole per le albicocche.



L'Azienda agricola Giuliani di Bastia (Ravenna) ha origine dalla mezzadria e negli anni Trenta è stata tra le prime realtà a credere nella frutticoltura, quando Rino Giuliani iniziò ad investire nelle pesche. Il figlio Luciano ha raccontato l'evoluzione dell'azienda - passata da 15 a 100 ettari - dell'esperienza di essere pionieri dell'ortofrutta romagnola con innovazione in campo agronomico e nella lotta integrata. "Abbiamo avuto tante crisi, soprattutto in peschicoltura, ma le annate no si alternavano. Quel che fa male è che da 20 anni le pesche non costano più - ha detto Luciano Giuliani sul palco del Forum - Negli anni Ottanta abbiamo iniziato a produrre kiwi e questo ha fatto crescere molto azienda. Siamo arrivati attorno a 12000 quintali di kiwi e 5000 di pesche. Ma ora le pesche sono ormai scomparse". L'imprenditore ha evidenziato come in Romagna non ci sia "mai stata compattezza tra le varie cooperative per parlare coni mercati. Questo è un problema. Le cooperative sono rimaste divise e questo ci ha penalizzato. Il problema è soprattutto l’aggregazione".

Davide Modigliani ha una piccola azienda di 15 ettari, specializzata in pesche e nettarine (80% della produzione) e focalizzata sulla vendita diretta. Modigliani, ragioniere, nel 1991 decide di tornare nell'azienda di famiglia. "C’era da inventarsi qualcosa di nuovo, non potevamo non fare reddito. Ho litigato con mio padre per andare al mercato ortofrutticolo all’ingrosso di Rimini, ma è stata una grande scuola di formazione: da ragioniere e non da agricolo avevo solo esperienza tramandata dai genitori, ma mi mancava qualcosa per diventare vero imprenditore, ossa la capacità di vendere bene i nostri prodotti. Oggi vendo direttamente tutta la produzione della mia azienda: prima ho cercato nei mercati ortofrutticoli del nord est, poi mi sono presentato in Gdo locale. Ho incrociato sguardi disinteressati, ma alla fine è stato bello accorciare il rapporto tra produttore e consumatore. Le mie pesche e nettarine le vendo tutte sopra i 2 euro il chilo: quando lo racconto questo fa sempre scalpore. Credo che la mia esperienza possa essere replicabile. Da solo non riesco a soddisfare tutte le richieste, ma non credo di crescere come ettari. Ero arrivato fino a 21, ma non si guadagnava molto. Dovevo rischiare di più soprattutto nel reperimento di manodopera qualificata, quindi ho pensato di fermarmi e concentrarmi su un prodotto di eccellenza, bello e soprattutto buono".



Giancarlo Guidi è a capo di una serie di realtà che fatturano circa 50 milioni di euro: 8 milioni di capi avicoli all'anno, allevati tutti senza antibiotici, e poi 400 ettari di albicocche valorizzate con il brand Albisole. "Il 2019 è stato il primo anno in cui abbiamo prodotto le albicocche a residuo zero, siamo sicuri che questo rappresenti il futuro dell’ortofrutta, più del biologico. Continuiamo per la nostra strada nonostante un clima impazzito e gli insetti alieni: abbiamo coperto 150 ettari e nel 2020 pensiamo di continuare ancora: la frutta va protetta, alle coperture non ci avevamo creduto, ma ci siamo ricreduti".



Di innovazione e marchio, invece, ha parlato Giancarlo Foschi, direttore generale di Orogel. "Il nostro anno di svolta è stato il 2008 - ha raccontato - dopo aver prodotto solo a Cesena, abbiamo acquisito due strutture produttive a Policoro e Ficarolo: per fare bene il surgelato la produzione deve essere vicina agli stabilimenti, il tempo tra raccolta del prodotto e surgelazione deve essere molto basso. Normalmente in pochissime ore, negli spinaci massimo tre. Questo perché il fresco degrada, va quindi bloccato subito. In 10 anni il fatturato dei surgelati è aumentato di 100 milioni di euro. L'innovazione dei nuovi prodotti è fondamentale per crescita della nostra marca, la marca privata ci arriva sempre qualche anno dopo. La nostra attività di ricerca e sviluppo mette sempre al centro il consumatore, è lui il nostro vero padrone, è lui che decide il nostro futuro. Oggi il 95% della produzione è destinata al mercato italiano: i consumi non sono brillanti, ma la nostra politica è sempre stata quella di consolidare il mercato interno. Ora però stiamo guardando anche i mercati esteri visto che in Italia i consumi crescono poco. Nel 2019 siamo arrivati a una quota di export del 5%, per 26% in Nord America, per 70% Europa, per 4% in Giappone. Stiamo puntando molto a crescere su mercato Usa e canadese, a fine abbiamo 2019 aperto la prima filiale commerciale a New York per seguire più da vicino il mercato statunitense. Da 2015 abbiamo avviato un percorso sul residuo zero, i risultati ci stanno dando ragione: già 20.000 tonnellate di prodotti Orogel derivano da questa tecnica e penso sia la risposta alle esigenze del mercato. Non stiamo spendendo in termini di marketing il residuo zero - ha concluso Foschi - ma riteniamo che sia una filosofia di vita. Qual è il segreto del successo di Orogel? Una filiera a 360° riassumibile in queste parole chiave: innovazione, qualità, sicurezza, salubrità, servizio, sociale e sostenibilità”.

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