«Il mercato non si cambia. Al mercato ci si adatta»

Aldo Gallo: «Non produciamo quello che il cliente chiede. La colpa non è della Gdo»

«Il mercato non si cambia. Al mercato ci si adatta»
Mancanza di aggregazione a livello produttivo e lenta ricezione dell'innovazione. Così l'ortofrutta italiana sprofonda. L'analisi arriva da Aldo Gallo, direttore generale della Comercial Gallo di Massafra (Taranto), dopo la partecipazione agli Stati Generali dell'Ortofrutta che si sono svolti la settimana scorsa al Teatro Manzoni di Milano.

"Gran parte del commercio ortofrutticolo è ormai gestito della Grande distribuzione organizzata, da molti produttori e commercianti vista come il grande nemico da abbattere causa dei bassi prezzi che strozzano gli altri attori della filiera - esordisce il manager pugliese - Analizzando il contesto economico con lucidità possiamo facilmente capire che non è esattamente così e che le cause principali sono riassumibili in pochi punti".



Uno di questi è la "frammentazione produttiva che genera totale disorganizzazione e confusione sulle strategie da adottare: sia produttive che di investimento - rimarca Gallo - Manca una strategia di valorizzazione del prodotto attraverso marchi commerciali forti in grado di aggregare i produttori e fare cartello. La grande frammentazione ci fa soccombere sotto la forza di colossi della distribuzione che naturalmente fanno il proprio lavoro, come ha detto Maura Latini, amministratore delegato di Coop Italia, l'obiettivo della catena è quello 'di offrire il miglior prodotto al prezzo più basso possibile'. Per far fronte a questa situazione nel resto del mondo i grandi produttori si aggregano diventando colossi, basta vedere in Spagna dove è nata Citri&Co associazione di produttori di agrumi che conta 9000 ettari e mezzo miliardo di fatturato. In questo modo si riesce ad avere un potere notevole nelle contrattazioni di mercato, estraendo reddito in tutti i punti della filiera con una strategia win-win. Bisogna eliminare quest’utopico obiettivo di cambiare il mercato. Il mercato non si cambia. Al mercato ci si adatta. Bisogna capire cosa vuole il mercato e quando lo vuole per poter estrarre valore, ma non si cambia. Il mercato si può cambiare solamente quando si è in regime di monopolio, mentre si può influenzare quando è gestito da pochi grandi gruppi. E infatti cosa succede? Conad acquisisce i punti vendita Auchan per avere più potere di mercato".

L'ortofrutta italiana, intanto, non rilancia i consumi interni e perde posizioni sul fronte dell'export. "Manca una strategia comune e un programma di diversificazione adeguato in grado di distribuire l’offerta di prodotto in periodi più lunghi di quelli attuali, possibile con gli strumenti innovativi disponibili - evidenzia Aldo Gallo - Purtroppo, al momento, questi strumenti vengono tutti dall’estero poiché la politica italiana è stata e continua ad essere focalizzata sull’assistenzialismo piuttosto che sulla ricerca che genererebbe creazione di know how in grado di attirare capitali esteri e ricchezza interna. Questo ha portato per la prima volta ad avere una bilancia commerciale italiana dell’ortofrutta negativa: importiamo più di quanto esportiamo. Perché? Perché non siamo competitivi. Non produciamo quello che il mercato chiede. Abbiamo una produzione eccessiva in alcuni periodi e assente o carente in altri. Il risultato sono azioni inflattive notevoli sui produttori che, singolarmente, senza aver innovato e senza una aggregazione funzionale, non hanno praticamente alcun potere contrattuale rimanendo succubi dei grandi gruppi".



Il cambiamento necessario, che agli Stati Generali è stato riassunto nel Manifesto dell'Ortofrutta (clicca qui per leggerlo e sottoscriverlo), diventa sempre più urgente. Per Gallo "il cambiamento deve essere in primis culturale, capire come è cambiato il mercato e come affrontarlo per estrarre valore. Siamo in Italia con le migliori terre e le migliori acque, i nostri prodotti sono riconosciuti in tutto il mondo, ma non abbastanza valorizzati tanto da essere superati da nazioni che alla base hanno organizzazione di processo strutturata per l’estrazione del valore. L’Italia è storicamente un popolo di grandi inventori e innovatori, basta ricordate Leonardo Da Vinci, Galileo Galilei, Alessandro Volta, Antonio Meucci che ha creato il primo telefono, e molti altri. Abbiamo perso questo spirito trasformandoci in un popolo conservatore come sostiene anche Alberto Forchielli quando dice: 'L’Italia è un paese che non abbraccia mai nulla di nuovo e contrasta sempre tutto quello che è nuovo, perché vorrebbe che il mondo non cambiasse mai'. Bene, il mondo è cambiato e dobbiamo ritrovare quello spirito che ci ha reso uno dei popoli che ha contribuito maggiormente nella storia all’evoluzione sociale creando il cambiamento - conclude Aldo Gallo - non ostacolandolo".

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