«Cimice asiatica, bisogna intervenire con più chimica»

Mercuri (Aci): ormai possiamo solo convivere con l'insetto

«Cimice asiatica, bisogna intervenire con più chimica»
La diffusione della cimice asiatica sul territorio nazionale è un problema che è stato sottovalutato da tutti: istituzioni, associazioni di settore, operatori. Fin dal 2015, anno in cui l'insetto si è diffuso in maniera allarmante al Nord Italia, come avevamo scritto nell'articolo "Sos Cimice asiatica: difficile contenerla, urge unire le competenze" del 23 novembre 2015, il nostro Paese ha ritenuto che l'invasione potesse essere gestita con le reti anti insetto.

Purtroppo, non è stato così. E oggi abbiamo raggiunto un punto di non ritorno. Gli ortofrutticoltori del Nord Est, infatti, sanno bene che nel 2020 dovranno fare i conti almeno con le stesse perdite avute quest’anno, salvo che si verificherà un inverno talmente freddo da uccidere le popolazioni svernanti. 

Oggi tantissimi produttori di frutta, e in particolare di pere, mele e pesche, stanno pensando di disinvestire e tagliare i frutteti. Non c'è quindi più tempo per tergiversare: lo Stato dovrebbe approvare una strategia di lotta chiara ed efficace che sia in grado di restituire la speranza a quegli imprenditori che quest’estate hanno perso gran parte dei loro ricavi. 

Un lavoro molto complicato, anche dal punto di vista comunicativo. Da dove bisogna iniziare? Per Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, converrebbe partire dalla presa di coscienza che con la cimice asiatica, d'ora in poi, potremo solo convivere. 


Giorgio Mercuri

“Da quest'estate siamo entrati in una fase acuta dell'attacco - dice a Italiafruit News - A mio avviso, quindi, sarebbe opportuno intervenire con un primo step di abbattimento delle popolazioni all’interno degli impianti agricoli, disciplinando per esempio la possibilità di aumentare il numero di interventi fitosanitari al fine di ridurre il rischio di prolificazione".

Per Mercuri, poi, lo Stato dovrebbe contestualmente pensare a un piano straordinario di interventi chimici in aree pubbliche non coltivate come parchi, case e fossi, sulla scorta di quanto già avviene da molti anni per le zanzare tigre. "La cimice asiatica è ormai presente dappertutto. E è sarà sempre più un problema dei cittadini di tutta la Penisola". 

Un po' tutti gli operatori, infine, confidano nell'efficacia della vespa samurai, l'antagonista naturale che potrebbe essere utile per contenere, nel giro di qualche anno, una parte dei danni. "Da sola, la vespa samurai non ci potrà certo permettere di superare il problema della cimice asiatica, ma di provare a gestirlo in una condizione di normale convivenza”, conclude il presidente dell'Alleanza delle Cooperative Agroalimentari.

Per quanto riguarda i danni al settore agricolo, che potrebbero anche superare il miliardo di euro (attualmente si stimano 350 milioni solo per pere e pesche), la domanda che oggi si fanno tutte le aziende agricole è una sola: l’Unione europea riconoscerà gli indennizzi all’Italia? La "partita" è appena iniziata. Certamente, il neo ministro Teresa Bellanova dovrà spiegare a Bruxelles perché il precedente Governo ha inserito la cimice asiatica tra le calamità assicurabili nel “Piano di gestione dei rischi in agricoltura 2019” approvato proprio all'inizio quest'anno, quando il patogeno era già ampiamente presente al Nord. Non sarà una cosa per niente facile...

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