Truffa milionaria per la disoccupazione agricola

Truffa milionaria per la disoccupazione agricola
Tra sabato e lunedì la Guardia di Finanza Comando Provinciale di Ragusa ha eseguito due ordinanze cautelari nei confronti di altrettante organizzazioni ritenute responsabili di un’ingente truffa ai danni dell’Inps e di favoreggiamento all’immigrazione clandestina.
Nel corso delle operazioni coordinate dalla Procura della Repubblica di Ragusa, sono stati sottoposti a sequestro beni e risorse economiche per un valore pari ad oltre 65mila euro nei confronti degli indagati e sono stati bloccati pagamenti da parte dell’Ente Previdenziale per circa 470mila euro.
Eseguita l’Operazione “Ingaggio”, con un’ordinanza che dispone la custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti di un imprenditore agricolo 32enne di Comiso, e l’obbligo di presentazione alla P.G. per altri tre soggetti: il fratello dell’imprenditore, un consulente del lavoro di Santa Croce Camerina, e un altro imprenditore agricolo di Santa Croce Camerina. La seconda operazione denominata “Mercurio”, ha portato al provvedimento che dispone l’obbligo di dimora nei confronti di tre persone: un imprenditore agricolo di Ispica e due braccianti agricoli di nazionalità tunisina.

Le investigazioni hanno permesso di accertare come il primo imprenditore, avvalendosi anche della complicità del consulente, a fronte di circa 2000 giornate necessarie per l’esecuzione delle colture dichiarate, ha effettuato comunicazioni all’Istituto previdenziale per l’assunzione fittizia di circa 400 posizioni di operai a tempo determinato, per un totale di 16.852 giornate di lavoro dichiarate. Si tratta di 150 lavoratori che hanno lavorato solo cartolarmente, al fine di percepire indebiti pagamenti di indennità di disoccupazione, di malattia, maternità ed assegni familiari, anche a favore di famiglie composte da numerosi soggetti, non sempre presenti sul territorio nazionale.

Si trattava in effetti di una vera e propria compravendita di giornate di lavoro, dove anziché essere il datore di lavoro a retribuire il bracciante era quest’ultimo a pagare l’imprenditore, spesso all’esito della percezione delle indennità. Le indagini hanno fatto emergere che i lavoratori fittizi corrispondevano al datore di lavoro una parte somme ricevute nella misura di circa 14/17 euro per ogni giornata di falso ingaggio.
Sono state anche riconosciute nei confronti dei titolari delle azienda agricole ipotesi di reato di sfruttamento dell’immigrazione clandestina,in quanto in almeno 30 casi i contratti fittizi sono stati utilizzati per richiedere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno presso la locale Questura.

I due titolari delle aziende agricole, anche per rendere più verosimile la presenza di braccianti, curavano comunque l’esecuzione di una minima attività lavorativa all’interno dei fondi a disposizione. Per tale attività però veniva impiegata forza lavoro irregolare, pari ad oltre 10 unità, sottopagata con circa 3 euro l’ora e tenuta in condizioni igienico sanitarie ed abitative precarie, circostanze che hanno anche fatto emergere a carico degli indagati ipotesi di reato di caporalato. Nel complesso sono 180 le persone indagate in questo filone d’indagine.

La seconda indagine (Operazione Mercurio), ha visto impegnati gli uomini della Tenenza e della Sezione Operativa Navale di Pozzallo che sono riusciti a dimostrare come il titolare di ditta individuale, operante a Ispica nel settore della vendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli, avesse messo in piedi una vera e propria associazione a delinquere finalizzata ai reati di truffa aggravata, falso, favoreggiamento aggravato all’immigrazione clandestina, emissione di fatture per operazioni inesistenti, lesioni aggravate ed omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

Le investigazioni condotte dalle Fiamme Gialle hanno permesso di accertare come l'uomo avesse ingaggiato fittiziamente centinaia di braccianti agricoli al fine di creare i presupposti per far conseguire ad essi, dietro compenso, l’indennità di disoccupazione, assegni familiari, ed alte indennità, nonché, in alcuni casi, un valido titolo per ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno e accedere all’istituto del ricongiungimento familiare.

L’ indagato, sebbene non risultasse né proprietario né locatario di fondi agricoli, aveva creato un ramo d’azienda del tutto fittizio, “attivo” nel settore della raccolta del frutto pendente (cc.dd. aziende senza terra), assicurandosi così tutti i vantaggi contributivi riservati ai produttori agricoli. Le indagini hanno permesso di accertare come i contratti di lavoro facenti capo al suddetto ramo d’azienda fossero del tutto fittizi, mentre gran parte delle operazioni contabili ad essi ricollegabili sono state artatamente “aggiustate” con l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per un valore di 400mila euro.
I due soggetti tunisini oggetti dei provvedimenti cautelari odierni hanno svolto il ruolo di veri e propri procacciatori di finti braccianti agricoli.

Fonte: Radiortm.it