Sei consigli per difendersi dalla batteriosi del kiwi

Scortichini (Crea): la pioggia primaverile ha favorito lo sviluppo del Psa e di altri due batteri

Sei consigli per difendersi dalla batteriosi del kiwi
Il cancro batterico dell'actinidia è causato dal microrganismo Pseudomonas syringae pv. actinidiae che vive sulla superficie fogliare della pianta di kiwi e penetra all'interno dell'organismo attraverso stomi, lenticelle o ferite di vario genere. Questa malattia porta ad un calo delle produzioni oltre che ad una diminuzione della qualità dei frutti. E se non contrastato determina la morte della pianta, specie se di giovane impianto.

Arrivata in Italia nel 1992, questa malattia di origine orientale si è velocemente diffusa in tutta la penisola colpendo gli areali di produzione di kiwi, di cui l'Italia è il secondo esportatore al mondo dietro la Nuova Zelanda. Il 2008 è stato l'annus horribilis per il kiwi nel Lazio, con drastiche riduzioni delle produzioni.

Il batterio è estremamente mobile e virulento e ad oggi non è possibile eliminarlo del tutto dagli impianti infetti. È dunque essenziale adottare quelle pratiche agronomiche volte a diminuire il rischio di contagio e monitorare attentamente i frutteti per intervenire con potature ed espianti ai primi segni della malattia.

"Le abbondanti piogge cadute nei mesi di aprile e maggio hanno creato le condizioni ideali per la diffusione del Pseudomonas syringae pv. actinidiae, l'agente patogeno del cancro batterico dell'actinidia, ed altri patogeni di natura batterica", spiega ad AgroNotizie Marco Scortichini, dirigente di ricerca del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) Frutticoltura di Caserta.

"Abbiamo inoltre assistito al proliferare di altri due batteri: Pseudomonas syringae pv. Syringae e Pseudomonas viridiflava, che si sono avvantaggiati delle favorevoli condizioni ambientali causando imbrunimenti, necrosi, aborti florali e provocando danni soprattutto all'apparato fogliare delle piante", sottolinea Scortichini. "Per le caratteristiche meteorologiche di questa annata, in alcuni casi i danni provocati da questi batteri sono stati anche più intensi rispetto a quelli provocati dal Psa. Ed è la riprova che le malattie batteriche dell'actinidia sono strettamente legate alle condizioni meteorologiche".

Insomma, gli agricoltori italiani devono ormai fare i conti col Psa, diventato endemico dei nostri areali. Ecco perché l'adozione di pratiche agronomiche corrette e il monitoraggio delle piante sono essenziali per una convivenza col batterio.


Essudato dovuto alla presenza di Psa (Fonte foto: Paolo Solmi, Servizio fitosanitario Regione Emilia Romagna)

I consigli per difendere i kiwi dal Psa

Monitoraggio ambientale. Perché il batterio Pseudomonas syringae pv. actinidiae sia in grado di penetrare all'interno dei tessuti del kiwi è necessario che ci siano piogge e temperature tra i 15 e i 25 gradi, al di sopra dei quali il batterio rallenta il suo metabolismo. È dunque necessario prestare la massima attenzione quando si presentano queste condizioni ambientali intervenendo con prodotti di copertura per difendere le piante.

I momenti più favorevoli alla diffusione del batterio sono dall'inizio del pianto fino alla pre-fioritura, periodo in cui spesso si verificano piogge e le temperature sono basse. In queste condizioni i rami e i tronchi che presentano essudati possono contagiare facilmente altre piante, specie se in presenza di vento e forti acquazzoni.

L'altro periodo pericoloso va invece dalla raccolta dei frutti fino alla caduta delle foglie. Anche in questo caso si tratta di un periodo di piogge e basse temperature, ideale per il batterio che può penetrare nelle piante attraverso le ferite causate dalla raccolta dei kiwi e dalle micro lesioni relative alla caduta delle foglie.

Monitoraggio delle piante. I sintomi del Psa sono ormai noti e si concretizzano principalmente in essudati di colore rossastro durante i mesi invernali. Nel periodo primaverile si hanno invece disseccamenti florali associati ad annerimento dei germogli e necrosi fogliari. Mentre in estate le foglie presentano delle maculature nero-rossastre.

Quando viene individuata una pianta malata è fondamentale intervenire subito asportando il ramo colpito oppure estirpando l'intera pianta quando l'infezione è a carico del tronco. Il materiale deve poi essere bruciato in azienda per assicurarsi di limitare il contagio.

È inoltre vietata la movimentazione di materiale vegetale infetto ed è obbligatorio la segnalazione al Servizio fitosanitario regionale.

Il vivaio. Una delle vie principali di diffusione della malattia è attraverso materiale vegetale infetto, spesso rappresentato da giovani piante. È dunque necessario affidarsi a vivai certificati per l'acquisto delle piante che devono avere sempre il passaporto. Lo stesso vale per l'acquisto del polline, che deve essere accompagnato da passaporto.

Fertilizzanti. È bene evitare fertilizzazioni azotate troppo spinte che hanno come effetto quello di determinare uno sviluppo troppo rigoglioso dell'apparato fogliare. "Un eccesso di azoto rende più teneri i germogli anche a fine estate-inizio autunno e il batterio ha vita facile nel penetrare nella pianta quando non trova tessuti lignificati. Un apporto nutritivo bilanciato è invece alla base di un efficace contrasto della batteriosi", spiega Scortichini che con il suo team di ricerca sta cercando nuovi prodotti per la difesa della coltura.

"Se le concimazioni azotate eccessive sono da evitare è altrettanto necessario non abbondare nell'irrigazione estiva limitando l'apporto di acqua allo stretto necessario per il corretto sviluppo della pianta. Meglio tenere un tenore di umidità costante nel suolo, magari con l'ausilio di sensori nel terreno, piuttosto che avere un andamento altalenante con eccessi di apporto idrico".

Bloccare le vie d'entrata. Il batterio Psa può penetrare all'interno della pianta attraverso ferite di potatura, lesioni causate dall'asportazione dei frutti, oppure dal gelo o dalla grandine. Meglio dunque proteggere l'impianto con i teli antigrandine e coprire le ferite di potatura con del mastice. Come per tutte le batteriosi è poi necessario sterilizzare gli attrezzi da lavoro con prodotti specifici come il benzalconio cloruro. E utilizzare prodotti di copertura nei momenti di rischio.

Difesa. Come detto non esiste una cura alla batteriosi del kiwi. Tuttavia è possibile contrastare la diffusione attraverso prodotti rameici autorizzati su kiwi. E' necessario intervenire tempestivamente dopo grandinate, distacco dei frutti, caduta foglie, potatura invernale.

Esiste poi la possibilità di utilizzare prodotti di origine biologica a base di Bacillus amyloliquefaciens. Un agrofarmaco da utilizzare a gemme fiorali rigonfie, con altri due trattamenti durante la fioritura. Il prodotto deve poi essere utilizzato in caso di eventi atmosferici favorevoli allo sviluppo del batterio.

"Sul mercato esiste anche un agrofarmaco induttore di resistenza che deve essere applicato in primavera e ad inizio estate in modo da mettere la pianta nelle condizioni migliori per rispondere ad eventuali attacchi del batterio", conclude Scortichini.

Autore: Tommaso Cinquemani 

© AgroNotizie - riproduzione riservata