«Lavoro crocevia per la competitività»

Costi alti, poco valore: le proposte dall'assemblea di Italia Ortofrutta

«Lavoro crocevia per la competitività»
Costi di produzione elevati (e in crescita), difficoltà di reperire manodopera - soprattutto qualificata - e tanta, troppa, frammentazione: l’ortofrutta italiana continua a soffrire la bassa marginalità e non riesce a dare adeguato valore al prodotto, che spesso rimane imbrigliato nella logica del “sottocosto”. Il limitato differenziale tra oneri a monte della filiera e prezzi di mercato impone una riflessione affinché si possa inaugurare una nuova stagione, con l’aiuto indispensabile delle istituzioni, in grado di rilanciare il Made in Italy a partire dal mercato interno e dalla consapevolezza del consumatore.


Velardo e Falconi

E’ quanto emerso venerdì nel convegno: “Il fattore lavoro come elemento di competitività del settore” promosso da Italia Ortofrutta in occasione della sua assemblea annuale a Fico Eataly World (Bologna), che nel cinquantennale dell'Unione ha offerto svariati spunti d’interesse. I numeri del settore sono imponenti: con 13,5 miliardi di euro di valore della produzione ottenuta nel 2018, circa 900mila ettari di superficie e 346mila imprese, l’ortofrutta contribuisce alla creazione di un quarto del valore dell’agricoltura nazionale. L’Italia genera il 15% del totale del valore della produzione ortofrutticola dell’Unione europea, seconda sola alla Spagna (21%).


 
Emerge, nel settore - stando ai dati presentati all’interno dello studio Nomisma-Italia Ortofrutta “Profilo di un settore labour intensive” - una domanda di lavoro superiore rispetto alle altre produzioni agricole: il 43% dei rapporti di lavoro attivati nel settore primario nel 2017 fa riferimento, infatti, alle colture ortofrutticole. Nello stesso anno sono stati registrati 1.097.007 occupati in agricoltura (con una variazione positiva del 4% nel periodo 2012-2017) prevalentemente al Sud (57%), seguito dal Nord (31%) e dal Centro (12%). Il costo del lavoro in fase di lavorazione e condizionamento dell’ortofrutta, peraltro, incide per il 59% sul valore aggiunto del settore, contro il 50% del comparto vitivinicolo, anch’esso labour-intensive.
 
L’evento di venerdì è stato aperto da Gennaro Velardo, presidente Italia Ortofrutta il quale ha introdotto le relazioni di Vincenzo Falconi - direttore dell’Unione – ed Ersilia Di Tullio, senior project Manager di Nomisma. A seguire, la tavola rotonda di cui riferiamo a parte, l’intervento di Alessandra Pesce, sottosegretario Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo e due case history: Op Terre della Luce, con l’intervento del direttore Alberto De Vincenzis, e Jingold, con il presidente Patrizio Neri.


 
“Le giornate di lavoro per ettaro necessarie in fase di coltivazione e raccolta variano da 81 per le mele, fino alle 516 per la fragola”, ha evidenziato Falconi. “Se al costo del lavoro della fase agricola si somma quello relativo alle operazioni di lavorazione e condizionamento in magazzino, emerge come circa il 40% del ricavo delle vendite di una Op del settore ortofrutticolo sia destinato a remunerare il solo fattore lavoro. In queste condizioni i prezzi di mercato non coprono i costi di produzione certi e in aumento, molti dei quali incomprimibili come il lavoro”, ha continuato Falconi. 

“La mancanza di redditività del settore ostacola gli investimenti in ricerca, sviluppo ed innovazione che sono alla base della competitività futura. È necessario quindi impostare delle scelte strategiche che intervengano per restituire valore e competitività del settore. Dobbiamo trasmettere ai consumatori il plus del prodotto nazionale e far comprendere che il benchmark dell’ortofrutta italiana non può essere il costo di produzione di un Paese extra europeo perché ci sarà sempre un sud del mondo che riesce a produrre a costi inferiori ai nostri”, la considerazione del direttore di Italia Ortofrutta. 

Che fare, allora? “Servono un quadro normativo ad hoc per le grandi campagne di raccolta e per gestire i picchi di lavoro, una maggiore programmazione nell’utilizzo dei flussi di lavoro, incentivi per le aziende che assumono con continuità e un approccio bonus/malus per la contribuzione Inail”, la ricetta di Falconi. Che ha ricordato come negli ultimi cinque anni la manodopera comunitaria qualificata nei campi sia calata del 12%, attratta da altri lavori.

 
“Dallo studio di Nomisma-Italia Ortofrutta emerge come l’ortofrutta, pur essendo uno dei settori di maggiore rilievo dell’agricoltura italiana - ha rimarcato Di Tullio di Nomisma - sconti ancora un’eccessiva frammentazione produttiva che incide sulla competitività del comparto. Rispetto alla lavorazione, l’ortofrutta italiana esprime un’elevata domanda di lavoro con elevati carichi di punta stagionali e un’incomprimibilità al crescere delle dimensioni nella fase di lavorazione. Il confronto con gli altri Paesi mette in luce come l’Italia rivesta un ruolo di primo piano e tuttavia sconti un differenziale di competitività rispetto ad altri player europei e extraeuropei, che sono avvantaggiati da un costo del lavoro in agricoltura inferiore rispetto a quello italiano”. 



Rispetto al differenziale del costo del lavoro tra Italia, Spagna e Marocco, i dati evidenziando come nel Belpaese si attestano a 39 ore di lavoro settimanali per un salario agricolo medio di 11,1 euro l’ora. Nella Penisola iberica le ore di lavoro settimanali salgono a 44 mentre il salario agricolo medio è di 6,8 euro per ora; in Marocco infine le ore di lavoro sono 48 per una "paga" di appena un euro per ora lavorata.
 
“Affrontiamo un tema scottante - la considerazione del presidente di Italia Ortofrutta Gennaro Velardo - perché quello del fattore lavoro è oggi una delle principali criticità con cui le imprese ortofrutticole si confrontano. Un problema che presenta mille sfaccettature, non solo economiche, certo di non facile soluzione. I costi impliciti ed espliciti crescono e sono già superiori rispetto a quelli che i nostri Paesi competitor sostengono per il reclutamento dei lavoratori. Nelle aree ad elevato livello di specializzazione ortofrutticola cresce la difficoltà di reperimento di manodopera, anche extracomunitaria, nei picchi di lavoro stagionale. Le difficoltà non sono soltanto legate a soddisfare la domanda in quantità, ma anche in qualità, con lavoratori qualificati e formati”. 



“Alle istituzioni - ha aggiunto Velardo - chiediamo di mettere in atto percorsi di concreta semplificazione degli iter burocratici, purtroppo sempre più gravosi in fase di gestione della manodopera e di quella stagionale in particolare, e di favorire i percorsi di reclutamento e di formazione. Urge poi una norma che consenta di dare visibilità alla produzione: oggi sui punti vendita non appare il nome dei produttori o il nome della Op. Se siamo invisibili, come facciamo a valorizzare?”.



Alessandra Pesce, sottosegretario alle Politiche Agricole, ha puntualizzato la posizione del ministero su quella vasta "area grigia" che è border line tra il caporalato criminale e le aziende agricole virtuose. Il Ministero metterà a punto un piano triennale per incentivare il maggior numero di aziende a recuperare un rapporto corretto con i lavoratori, anche attraverso una semplificazione delle procedure burocratiche. Il tavolo ministeriale sul caporalato si riunirà il prossimo 5 giugno. La Pesce, infine, ha sottolineato l’importanza della formazione della manodopera, premessa indispensabile per un settore più competitivo.

A tirare le conclusioni dell'assemblea ha pensato Simona Caselli, assessore all’Agricoltura dell’Emilia Romagna, che ha affrontato numerosi temi, ricordando tra l'altro le buone pratiche in atto nella sua regione, a partire dalla crescita della Rete del lavoro agricolo di qualità.

Italia Ortofrutta, Unione Nazionale cui aderiscono 132 Organizzazioni di Produttori in rappresentanza del 20% della produzione ortofrutticola italiana e del 40% della produzione ortofrutticola organizzata, celebrerà il cinquantennale con un evento in programma a Roma in dicembre. 

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