Kiwi, inizio no: prezzi bassi, export fermo

Fabbri (Oi): rischio accumulo, qualità e conservabilità da verificare

Kiwi, inizio no: prezzi bassi, export fermo
Le buone premesse s'infrangono contro l'amara realtà: la campagna del kiwi italiano non riesce a decollare. Frutti messi a dura prova dal maltempo, export oltremare bloccato a causa di prezzi insoddisfacenti, rischio di accumulo di prodotto, problemi di conservabilità all'orizzonte: questo il quadro a tinte fosche dipinto dal coordinatore del Comitato kiwi dell’organismo interprofessionale Ortofrutta Italia, Pietro Fabbri, che ha raccolto lo sfogo di alcuni dei principali operatori nazionali di settore.

“La previsione relativa alla produzione nazionale, che a settembre era stata stimata in circa 435mila tonnellate commercializzabili, il 18% in più del 2017/18 e comunque meno della media degli ultimi quattro anni, dovrà essere rivista al ribasso di qualche punto percentuale soprattutto per il kiwi verde, per il quale era previsto un +13%a causa dei fenomeni climatici, in primis acqua e vento, che hanno imperversato in varie aree vocate, a partire da quella pontina”, esordisce Fabbri. 

I volumi non sono “eccessivi”, dunque ("tra una decina di giorni saranno disponibili i dati precisi", puntualizza l'esponente dell'Oi), ma il mercato non risponde: “Colpisce - spiega - il fatto che le vendite oltremare siano completamente ferme; pochi o nessuno, del resto, è disposto a svendere il kiwi italiano con quotazioni, a titolo di esempio, di 95 centesimi, massimo 1,15 euro il chilo per la pezzatura 30. Sul mercato continentale non va meglio, i consumi sono sottotono in tutta in Europa”. 



I dati dicono che l’export extra Ue-28, nel 2017/18, ha rappresentato il 32% (era il 36% nella stagione precedente) del volume complessivo di kiwi nazionale inviato all’estero: il Nord America “vale” il 9%, l’Estremo Oriente il 6%, l’America Centromeridionale il 7% (in crescita dell’1%), il Medio Oriente e l’Oceania il 3%. Le esportazioni complessive nella passata stagione hanno superato di poco le 270mila tonnellate, il quantitativo più contenuto degli ultimi anni, complice il deficit produttivo. E ora si teme un'ulteriore annata di "magra".“L'attuale mancata commercializzazione - aggiunge Fabbri - preoccupa, anche in prospettiva: il rischio è quello di assistere a un accumulo di prodotto molto superiore a quello della scorsa stagione per i mesi clou di dicembre e gennaio. Sarebbe un problema, anche perché l’impressione è che qualità e conservabilità siano inferiori a quelle del 2017”. Lo spauracchio di una campagna grigia per uno dei frutti pilastri del Made in Italy, insomma, agita i sonni di molti operatori. Mentre la concorrenza straniera rende sempre più affollato il "teatro di battaglia".

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